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sabato 25 maggio 2013

La nazionalizzazione dell'ILVA per via giudiziaria: due parole secche di verità

Italiano, tarantino ... finito il tempo di tarallucci e vino

Il vero senso del sequestro.

Le scelte obbligate di sindacati e CDA. 


La serie di provvedimenti degli ultimi giorni ha un solo senso: il sequestrato, 8,1 miliardi di euro, che si va a sommare ai precedenti 1,2 miliardi, a quanto pare messi al sicuro mediante sofisticate tecniche di ingegneria fiscale e societaria, non è ovviamente "liquido". Nè disponibile. Nè immediatamente o mediatamente utilizzabile come risorsa per sostenere i costi di bonifica. 

Trattasi in realtà della totalità dei beni materiali facenti capo ai Riva, controllati da Riva Fire.
Ma nel portafogli di Riva Fire c'è essenzialmente il pacchetto azionario di ILVA.
Pertanto le quote azionarie societarie, che permettono il controllo dell'azienda siderurgica in quanto ammontanti a circa il 60% del totale (il restante essendo principalmente in capo alla famiglia Amenduni), sono ormai nella disponibilità dei custodi del tribunale.
I quali svolgono in realtà funzione pubblica nell'interesse dello Stato.

E' di tutta evidenza che è lo Stato, dalla giornata di ieri, a detenere il controllo di ILVA SPA. Lo Stato, in sostanza, prende il posto di Emilio Riva, riconosciuto leader della suo clan tribale di acciaieri.

Comprensibile che i sindacati chiedano apertamente che sia il governo a gettare la maschera e ad assumersi apertamente la responsabilità della gestione del siderurgico. Quest'ultimo, infatti, continuerà comunque a produrre, in base alle scandalose sentenze della Corte Costituzionale, che mai poterono entrare nel merito del richiesto, di cui tanto parlammo. E se produce per commercializzare, cone statuito, sono evidentemente tribunale e Stato a farsi in qualche misura imprenditori.

Comprensibile anche che, come avviene in queste ore, il CDA di ILVA si dimetta in blocco, perchè espressione di una proprietà privata che tale non è più.

Che poi tribunale e Stato siano davvero in grado di mandare avanti la baracca, pur sempre industria produttrice di beni da sapersi collocare sul mercato, o che siano in grado di procedere autonomamente alle previste "bonifiche" da sapersi fare (ragione dichiarata ma assai relativamente credibile del provvedimento), cosa di cui da sempre dubitiamo per ragioni tecniche e commerciali, è altra questione, che non ci vede ottimisti.

Ad ogni modo è chiaro ormai a tutti che non finirà a tarallucci e vino. 
Con tutte le preoccupazioni ed i disagi che ciò comporta, forse si tratta pur sempre di una novità. Nello stagno italiano e tarantino di per sè stessa, in quanto novità, in quanto non ignorabile, in quanto produttrice di inevitabili sforzi risolutivi, positiva.

Con questo ci salutiamo davvero, nell'attesa di ricostruire il nostro luogo di indipendenza culturale e mediatica in altre, incensurabili sedi. Ci sarebbero cose molto interessanti da dire, iniziando da qui 

http://corporeuscorpora.blogspot.it/search/label/In%20futuro

ma certo non su blogger.

Abate di Thélème

venerdì 17 maggio 2013

Censura google/blogger: prova provata, trasferimento necessario

Dell'impossibilità di continuare a scrivere in questa sede ed in questo momento.

Dei falsi Dei.

Infine, del "Guarracino. 





Risulta impossibile da più di un mese accedere alla gestione del sito ed all'inserimento di nuovi contenuti, nonchè alla medesima mail del mio account.

In base ad un pretestuoso utilizzo da parte di estranei, o supposti tali, delle mie password e della mia mail, mai da me segnalate nè nemmeno immaginate, google mi ha progressivamente sospeso dall'account google+, dalla mia gmail e finanche dalla gestione del sito.

Una grandissima quantità di immagini, senza che nulla ci sia stato fatto notare, è stata eliminata de vi dal blog. Sinanche foto di nostra diretta provenienza, dallo scatto al caricamento originario.

Non esiste alcuna giustificazione per un tale comportamento. E' evidente che la rete è sempre meno
Esoterici aprimmo, esoterici sospendiamo ...
libera, tanto più quanto i singoli decidono, per comodità o visibilità, di appoggiarsi a sedicenti strutture preesistenti, a piattaforme software dalla dubbia efficienza e dalla ormai certa inaffidabilità e tendenziosità.


Il nostro è un invito a tutti coloro i quali amano la libertà, nella vita e nell'informazione, di fare da sè, magari con qualche minuscolo costo e sacrificio in più, ma con la certezza di esser padroni in casa propria, liberi di far del bene come di sbagliare: "Corporeus corpora, corda Deus".

E di certo Nè Google, nè Blogger, nè Gmail, tutti in fondo figli della stessa matrigna, fanno parte di alcun empireo, o hanno diritto ad alcun cero votivo.


A tutto ciò si unisce un coacervo di notizie e riflessioni talmente complesse ed aggrovigliate, eppurtuttavia sensate, ritengo, da aver per eccesso ridottomi in difetto di energie sufficienti a trasporle in forma di "pezzo": L'escalation della vicenda ILVA, in cui si lascia l'acciaio sequestrato, dopo una sentenza della Corte Costituzionale assolutamente priva di giustificazione puntale, ma si "sequestra" in cambio il presidente della Provincia, colluso come tutti, come troppi; un aborto di governo di coalizione che riunisce tutto il peggio in nuova confezione, col fiocco Letta in cima, il quale nemmeno fosse Bourroughs, conciona dal fresco della sua calvizie/canizie di "Follia visionaria"; la vicenda siriana fuori controllo e prossima ad innescare un conflitto su larghissima scala; L'India che, ormai passata sul fronte americano, condiziona Italia e Germania arrestandone i marines; Il femminicio ed il maschicidio; Gli spari contro Montecitorio, palese avvertimento a chi è "buon intenditor", passati per gesto di un folle; l'assurdità del tentativo di convincere gli italiani che l'IMU è una tassa giusta e normale ed il desiderio di eliminarla un ghiribizzo del cavaliere mascarato; il delirio della citazione di Napolitano in giudizio, quale testimone, sulla trattativa Stato Mìafia; il crollo definitivo del mercato immobiliare e della produzione, che a brevissimo saranno crollo inarrestabile degli introiti fiscali e pertanto impossibilità per l'Italia di far fronte ai suoi impegni stipendi e pensioni incluse ... e non finirebbe certo qui ...

Il progetto Corporeus corpora, lungi dall'essere abbandonato definitivamente, verrà proseguito in altra, meno vulnerabile, sede.
Grazie a tutti per l'attenzione mostrata, augurandomi/ci di esservi stati utili o perlomeno d'intrattenimento ... 
Vi salutiamo per il momento con la bellissima "canzone del guarracino", testo barocco e musica tradizionale (nella versione di Roberto Murolo), la cui illuminante chiusa è: 

... Ma de cantà so già stracquato e me manca mo lo sciato; 
sicchè dateme licienzia, graziosa e bella audenzia, 
nfi che sorchio na meza de seje, 
co salute de luje e de leje, 
ca se secca lo cannarone.
sbacantannose lu premmone!

(testo completo e tradotto dopo il video) 






Lu Guarracino che gghìeva pe' mmare
teneva voglia de se 'nsurare.
Se mettette nu bello vestito
de scarde e de spine, pulito pulito.
Cu 'na parrucca tutta ncrifata
de ziarelle mbrasciulate,
cu lu sciabò, scuollo e purzine
de ponta angrese fine fine. 
Cu lì cazune de rezze de funno,
scarpe e cazette de pelle de tunno
e sciammeria e sciammerino
d'aleghe e pile de voje marine,
cu buttune e buttunere
d'uocchi de purpe, secce e fere,
fibbie, spata e schiocche 'ndurate
de niro de seccia e fele d'achiata,
'ddoie belle cateniglie
de premmone de cunchiglie,
'nu cappiello aggallunato
de codarini d'aluzze salate.
Tutto pòsema e steratiello
jeva facenno lu sbafantiello, 
gerava da 'cca e da là 
la 'nnammurata pe se truvà.
La Sardella a lu barcone
steve sunanno lu calascione 
e a sono de trumbetta
ghieve cantanno 'sta arietta: 
"O larello o marellena
e la figlia da Lena
ha lassato lo 'nnammurato
pecché niente l'ha rialato!"
Lu guarracino che la guardaje
de la sardella se 'nnammuraje,
se ne jette da la Vavosa
la 'cchiu 'bbecchia maleziosa. 
L'ebbe 'bbona rialata
mannarle 'na mbasciata.
La vavosa pisse pisse
chiatto e tunno 'nce lo disse.
La sardella che la sentette
rossa rossa se facette,
lu scuorno che se pigliaje
sotto a 'nu scuoglio se 'npezzaje.
Ma la vecchia de la vavosa
subbeto disse: "Ah schefenzosa,
De sta manera non truove partito
'ncanne te resta lu marito!
Si aie voglia  de te allucà
Tante smorfie nun aje da fa:
fora le zeze e fora lu scuorno,
anema e core, faccia de cuorno!
Ciò sentenno la Sardella
S'affacciaje a la fenestella,
facette l'uocchie azzennarielle
a lu speruto 'nnammuratiello.
Ma la patella che steva de posta
la chiammaje "faccia tosta,
Tradetora, sbregognata,
senza parola e malenata
ch'avea 'nchiantato l'Allitterato
primmo e antico 'nnammurato.
De carrera da chisto jette
e ogni ccosa le ricette.
Quanno la 'ntise lo puveriello
se lo pigliaje Farfariello,
jette a la casa, se armaje a rasùlo,
se ncarricaje comme a nu mulo
de scuppette, de spingarde,
povere, palle, stoppa e scarde,
quatte pistole e tre bbajonette
dinto a la sacca se mettette
Ncoppa a li spalle settanta pistune,
ottanta bombe e nuvanta cannune
e comme a Guappo Uallarino
ghieva truvanno lo Guarracino. 
La desgrazia de chisto purtaje
che mmiezo a la piazza se lo ncuntraje!
Se l'afferra po' cruattino
e ppò le dice: "Ah malandrino
tu me lieve la nnammurata
e pigliatella sta mazziata!"
Tuffete taffete a meliune
le deva paccare e secuzzune
Schiaffe ponie e perepesse
scuppulune fecozze e cunnesse
scerevecchiune e sicutenosse
e l'ammacca uosse e pilosse!
Venimmancenne che a lu rummore
pariente e amice ascettero fore
chi cu mazze curtielle e curtelle
chi cu spate spatune e spadelle
chillo cu varre chisto cu spito
chi cu ammennole e chi cu antrito
chi cu tenaglie chi cu martielle
chi cu turrune e susamielle! 
Pate, figlie, marite e mmugliere
s'azzuffajeno comm a ffere,
a meliune correvano a strisce
de chisto partito e de chille li pisce!
Che bediste de sarde e d'alose 
de palamete e raje petrose
sarache dientece e achiate
scureme tunne e allitterate
pisce palummo e piscatrice
scuorfane cernie e alice
mucchie ricciole musdee e mazzune
stelle aluzze e sturiune
merluzze vongole e murene
caperuoglie orche e vallene
capitune auglie arenghe
ciefale cuocce tràcene e tenghe
treglie tremmole trotte e tunne 
feche cepolle laùne e rutunne
purpe secce e calamare
pisce spata e stelle de mare
pisce palumme e pisce rnartielle
voccadoro e cecenielle
capechiuovo e guarracine
cannulicchie ostreche e angine
vongole cocciole e patelle 
piscecane e grancetielle
marvizze marmure e vavose
vope prene, vedove e spose
spìnole spuònole sierpe e sarpe
scàuze nzuòccole o cu lli scarpe
scunciglie gammere e raoste
vennero 'nfino cu lli poste!
Capitune saure e anguille
pisce gruosse e piccerille  
d'ogni ceto e nazione
tantille, tante, cchiù tante e tantone! 
Quanti botte mammamia
che se deveno arrassosia!
A centenaro le varrate, 
a meliune le pretate, 
muorze e pizzeche a bbeliune, 
a deluvio le secuzzune, 
nun ve dico che bivo fuoco
se faceva per ogni luoco! 
Tettettè ccà pistulate
tattattàscoppettate 
tuttuttù ccà li pistune
bubbubbù là li cannune
Ma de cantà so ggià stracquato 
e me manca lu sciato
sicché dateme licenzia 
graziosa e bella audienzia
nfi che sorchio "na meza de seje"
co salute de luje e de leje
se secca lu cannarone
sbacantannose lu premmone! 
Il guarracino che andava per mare
aveva voglia di sposarsi.
Si mise un bel vestito
di squame e di spine, pulito pulito.
Con una parrucca tutta imbottita
di ziarelle arrotolate,
con lo sciabò, scollo e polsini
di punto inglese, fino fino.
Con i calzoni di reti di fondo,
 scarpe e calze di pelle di tonno
e mantella e mantellina
di alghe e peli di voje marine,
con bottoni e bottoniere
di occhi di polipi, seppie e fere.
fibbie, spada e fiocchi ricoperti
di nero di seppia e fette d'occhiata,
due belle catene
di polmoni di conchiglie,
un cappello gallonato
di codini di alucce salate.
Tutto schizzinoso e ben stirato
faceva il damerino,
girava quà e là
la fidanzata per trovarsi.
La Sardella al balcone
stava suonando il calascione
e a suono di trombetta
cantava questa arietta:
"O larello o marellena
e la figlia della zia Lena
ha lasciato il fidanzato
perché niente gli ha regalato!"
Il guarracino che la guardò
della sardella si innammorò,
se ne andò dalla Bavosa,
a più vecchia maliziosa.
Le diede una bella mancia
per mandarle un messaggio.
La bavosa pissi pissi
grasso e tondo glielo disse.
Nel sentirla, la sardella
arrossì
e per la vergogna che la prese
sotto uno scoglio si infilò.
Ma la vecchia bavosa
subito disse: "Ah schifiltosa,
in questa maniera non trovi un partito,
in gola ti resta il marito!"
Se hai voglia di piazzarti,
tante smorfie  non devi fare:
fuori lo charme e via la timidezza,
anima e cuore, faccia tosta!
Ciò sentendo, la zia Sardella
s'affacciò alla finestrella
fece gli occhi dolci
all'ingolosito innamoratello.
Ma la patella, che stava appostata,
la chiamò "faccia tosta,
traditora, svergognata,
senza parola e malnata,
perché aveva piantato il Letterato,
primo e antico fidanzato
Di carriera da questo andò
e ogni cosa gli disse.
Quando la sentì il poveretto
se lo prese Farfariello! (un demonietto),
andò a casa, s'armò di rasoio,
si caricò come un mulo
di schioppi, di spingarde,
polvere, palle, stoppa e schegge,
quattro pistole e tre baionette
in tasca si mise.
Sulle spalle settanta colubrine,
ottanta bombe e novanta cannoni
e come Guappo Uallarino
andava cercando il Guarracino.
La sfortuna volle
che in mezzo la piazza lo incontrò
L'afferra per il cravattino
e poi gli dice: "Ah malandrino
tu mi levi la fidanzata
e prenditela questa bastonatura!"
Tuffete taffete a milioni
gli dava paccare e secuzzune
schiaffi pugni e perepesse
scuppulune  fecozze e cunnesse
scerevecchiune e sicutenosse
e gli pesta ossa e cartilagini!
E vediamo che al rumore
parenti e amici uscirono fuori
chi con mazze coltelli e coltellini
chi con spade spadone e spadini
quello con sbarre, questo con spiedo
chi con ammennole e chi con antrito
chi con tenaglie chi con martelli
chi con torroni e salamini!
Padri, figli, mariti e mogli
s'azzuffarono come fiere
a milioni accorrevano a frotte
di questa fazione e di quella i pesci!
Quante ne vedesti di sarde e di alose
di palamiti e raje pietrose
saraghi dentici e occhiate
scurmi tonni e letterati
pesci palombo e pescatrici
scorfani cernie e alici
mucchi ricciole musdee e mazzoni
stelle alucce e storioni
merluzzi vongole e murene
capodogli orche e balene
capitoni aguglie e aringhe
cefali cocci tracine e tinche
triglie tremmole trotte e tonni
fichi cipolle laùne e rotondi
polipi seppie e calamari
pesci spada e stelle di mare
pesci palombo e pesci martello
boccadoro e cicinielli
testa di chiodo e guarracini
cannolicchi ostriche e angine
vongole cocciole e patelle
pescecani e granchietti
marvizzi marmure e bavose
vope pregne, vedove e spose
spìnole spuònole serpi e sarpe
scalze con zoccoli o con scarpe

paguri gamberi e aragoste
vennero perfino con le diligenze!
Capitoni sauri e anguille
pesci grossi o piccini
d'ogni ceto e nazione
di tutte le taglie!
Quante botte mammamia
che si davano alla cieca!
A centinaia le barrate
a milioni le pietrate,
morsi e pizzichi a bilioni,
a diluvio i secuzzoni
non vi dico che vivo fuoco
si faceva per ogni luogo!
Tetettè quà pistolettate
tattattà là schioppettate
tuttuttù quà le colubrine 
bubbubbù là i cannoni!
Ma di cantare sono stanco
e mi manca ora il fiato
perciò datemi licenza
grazioso e bel pubblico
Permettete che beva "un terzino"
alla salute di lui e di lei
sennò mi si secca il gargarozzo
svuotandosi il polmone!
 
        
  Abate di thélème