martedì 10 luglio 2012

Dati statistici in Italia: un porto delle nebbie - Ancora sulle vittime del lavoro

Il gabbiano di Corporeus Corpora stenta a districarsi nel porto delle nebbie dei dati statistici italiani
Mediante il coordinato disposto degli articoli online di Corriere della Sera e Messaggero, provo a disegnare la mappa delle morti sul lavoro nel 2011, questa volta su analisi dell' INAIL. 
Per iniziare sono obbligato a rilevare come non coincidano affatto con i dati dell'Osservatorio Indipendente di Bologna, che nel 2011 forniva una cifra complessiva di 1170 morti, di cui 663 sui luoghi di lavoro: + 11,6% sul 2010. 
Questi dati li fornivo la settimana scorsa, in apposito post, cercando di inquadrare la delicata questione all'interno del sistema Italia, di cui secondo me essa rappresenta una costante che non può significativamente variare, laddove permangano le condizioni culturali ed economiche, nonchè fiscali e di commercio estero, che la determinano.
La grande mole di controlli svolta da Inail, che avrebbe rivelato l'85,6% di irregolarità, non fa che confermare la mia tesi: una percentuale simile di violazione fa dell'irregolarità la regola, per così dire. E la regola trae origine certamente da un malcostume che certo non si fonda solo sull'egoismo del singolo imprenditore, o sulla disattenzione del singolo lavoratore.
Comprenderete bene l'impossibilità di mutare lo stato di fatto menzionato mediante multe e sanzioni. 
Sarebbe, più o meno, come imporre a tutti gli italiani di apprendere e parlare fluentemente l'arabo, parlato nel 2010 da circa 660.000 immigrati , a furia di multe.
Oggi scopriamo invece che i decessi di ambito lavorativo sarebbero 920, di cui 240 in itinere. 
Il che significa, tra l'altro, che le strade per giungere al lavoro son divenute più rischiose del 4,8%, oppure che i lavoratori vivono condizioni di maggiore stress e affaticamento, posto che secondo i dati INAIL l'anno precedente, 2010, aveva visto 229 decessi in itinere. 
Ma il dato complessivo presentato mostra pur sempre un calo del 5,4% annuo.
Questo potrebbe significare che non tutti i decessi sul posto siano noti all'INAIL, oppure che l'Osservatorio indipendente, anch'esso con molto seguito tra i media, abbia commesso errori sostanziali. 
Una prima domanda Corporeus Corpora la rivolge pertanto a quest'ultimo. 
Come si spiegano tali discrepanze? Alchimie statistiche diverse o dati diversi?
Una risposta sarebbe doverosa e interessante.
A questo punto non resta che ribadire quando sostenuto nel precedente post. Cioè che il calo sostanziale di attività e manodopera registrato nel 2011 rispetto all'anno precedente, a sua volta in drastica riduzione sul 2009, non consente alcuna ottimistica previsione e cambia radicalmente il significato delle risultanze INAIL.
“Dalle nostre rilevazioni – sottolinea Franco Osenga, imprenditore piemontese e Presidente della CNCE – che mettono a confronto i dati relativi ad uno stesso mese (giugno 2011 con giugno 2010, calo del 9%, N.d.A.) così da fotografare con estrema precisione la situazione del settore (Edile, N.d.A.), anche considerata la rilevante incidenza di fattori stagionali, emerge un quadro drammatico. Possiamo tranquillamente affermare che solo nel sistema rappresentato dalle Casse Edili dove si concentrano oltre 100.000 aziende, dall’inizio della crisi abbiamo perduto più di 100.000 lavoratori. Tenendo conto che si tratta sicuramente delle aziende più strutturate e attente al valore del lavoro e delle competenze professionali delle proprie maestranze, possiamo tranquillamente ipotizzare che, considerando anche l’indotto, la riduzione occupazionale dalla seconda metà del 2008 ad oggi si aggiri intorno a 300.000 lavoratori in meno” (Citazione dal sito Costruzioni. net)

L'agricoltura perde 40mila occupati e fa registrare, con un -4,6 per cento, il calo più elevato nel numero di lavoratori, tra tutti i settori. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sull'occupazione, in riferimento ai dati Istat sugli occupati e disoccupati nel secondo trimestre 2011. (Da www.vita.it)
Come possono quindi gli organi di stampa presentare una riduzione, sia pur da confermare e migliorare, degli incidenti mortali sul posto di lavoro (e non in itinere), se il dato non è ponderato con quello del numero di occupati in vertiginoso calo?
Non dimentichiamo i dati enormemente più bassi degli altri stati europei avanzati.
Vero che il presidente INAIL, Massimo De Felice dichiara che "inferenze troppo tranquillizzanti sul miglioramento della sicurezza degli ambienti di lavoro" non sono in realtà consentite.
Ma se il calo del lavoro in edilizia è stato del 9% a Giugno, in agricoltura del 4,6% (secondo trimestre 2011), con una riduzione della mortalità del 5,4% (peraltro in discordia con i dati dell'Osservatorio Bolognese) cosa vanno cianciando i giornali e le tv e le istituzioni?
Infine è importantissimo considerare come questa tecnica del dato non ponderato, ma assoluto, viene utilizzata ossessivamente dai media per privare di incisività notizie sgradite. 
Ed è utile a comprendere, per la sua immediatezza, come appunto codeste tecniche esistano e siano applicate su vasta scala, allo scopo di guidare le coscienze e le reazioni dei cittadini.
Ad esempio, la medesima cosa accade ogni anno per la tragica conta dei morti sulla strada... ma questo è argomento che merita spazio specifico.





2 commenti:

  1. Premetto che non capisco perché in Italia non si riesca mai a giungere a dati univoci, vedi anche riguardo gli esodati. Pare i numeri siano un'opinione che varia vistosamente a seconda di chi commissiona l'indagine.
    In ogni caso, i dati dei morti sul lavoro sono sempre sottostimati rispetto alla realtà, perché di buona parte dei lavoratori in nero non conosceremo neppure mai l'esistenza "in vita" figurarsi la morte. Per quel che riguarda la mia modesta esperienza da RSU posso dire che mai come in questo momento di crisi il livello della sicurezza si è abbassato ai minimi termini. I lavoratori in nero sono praticamente alla mercè del datore di lavoro spesso con condizioni da terzo mondo, e anche ai lavoratori in regola sono, di fatto, negati diritti e tutele, che gli spetterebbero. La paura di perdere il lavoro fa sì che nessuno protesti, ed è una paura da cui nessuno è esente. Ma del binomio morti bianche - lavoro nero se ne parla poco o niente. Non mettere estintori e barriere protettive, assumere clandestini sottopagati, non riconoscere contributi, malattia o ferie, obbligare a straordinari forzati con turni continuativi di 14 ore lavorative, sono la regola (sbagliata) di un'imprenditoria falsamente vincente e premiata da Stato e mercati. Così si rischia di mandare fuori mercato le aziende sane e rispettose delle regole e delle leggi. Ma come invertire un malcostume così radicato in un paese dove secondo dati recenti il sommerso rappresenta addirittura il 30% del Pil? Io qualche idea l'avrei ma si tratta di un cambiamento di mentalità prima di tutto...

    M.

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    1. Corporeus Corpora vuole contribuire, per quanto possibile, all'indispensabile cambiamento di mentalità. Quasi inutile aggiungere, con Braudel, che si tratta di percorsi di lungo periodo. Ma se non si inizia... come sempre intervento pertinente ed interessante.

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