venerdì 21 dicembre 2012

nudita´

Amici lettori,


questo post è sofferto, le conseguenze che proporrò in questo testo non sono ortodosse. Sarò meno preciso e articolato del solito, molti dei riferimenti sono solo in inglese oppure non li trovo più.

Non abbiatevene a male.

Dunque, il mio ragionamento di oggi parte da una pagina su facebook intitolata 


Che significa che il corpo non e`qualcosa per cui dobbiamo scusarci.


La pagina e`a cura di alcune donne che ritengono che il cosiddetto senso comune, la vulgata, sia discriminatorio nei confronti del corpo femminile.

Che pretendono dalle donne le scuse per il corpo che hanno. Esattamente come fanno i fondamentalisti islamici che pretendono il Burqa.

Queste donne rivendicano perequazione e la fine della discriminazione.

E` un fiorire di donne pingui e di articoli in cui si spiega alle proprie figlie cosa sia belle.









Qualche esempio.






pinguedine ma non solo


"e` questa l´apparenza della disabilita´"




"non lasciare che la fesseria odierna ti convinca che son saresti bella"

O anche questo articolo intitolato "Ho cominciato a dire alle mie figlie che sono bella"

Questa pagina ha subito la mannaia censoria di Facebook. Fotografie cancellate, account degli amministratori sospesi.

Ma c´e` anche un´altra storia interessante. Quella di Dana Bakdounis, una ragazza molto giovane e siriana. Siriana, si, la Siria, il paese di Bashar Al Assad.

Dana si e` fotografata senza velo, con il documento di identita´ ben in vista, e ha pubblicato la sua immagine su Facebook, per autodenunciarsi. Eccola.


Dana avrebbe subito minacce di morte e anche sua madre, con cui i rapporti si sarebbero raffreddati a causa di questa iniziativa, avrebbe ricevuto minacce.

Anche in questo caso posso indicarvi un meraviglioso gruppo su Facebook in cui si raccolgono donne arabe che, come Dana, si fotografano insieme ad un cartello in cui esprimono per iscritto il loro appoggio alla liberta´ delle donne arabe.

Molti occidentali si palesano in questo gruppo.

Alcuni esempi


Sven, dalla Germania
Dani da Belfast
Youssef, dal Libano
manifestazione a Toronto sulla violenza contro le donne
donne egiziane contro i fratelli musulmani a Taharir
Yann Guillermou, Parigi

Anche questo, di gruppo, ha subito la censura. Naturalmente i bacchettoni islamici segnalano le immagini come offensive e la procedura di Facebook per dirimere questo genere di questioni non funziona granche´ bene.

Le ragazze arabe censurate hanno scritto che Facebook sostiene il machismo integralista e si presta all´autoritarismo dei paesi arabi.

Al punto che l´ufficio Policy di Facebook ha consegnato un comunicato in cui ammette errori, si scusa e promette correzioni.
Hanno spiegato che impiegano personale proveniente da molti paesi del mondo per verificare le segnalazioni di materiali offensivi e spesso queste persone non riescono a seguire le linee guida in maniera oggettiva ma vi antepongono la loro inclinazione culturale. Per cui piu´ volte sono state cancellate immagini che secondo la policy erano ammissibili.

Tutti i link su questa faccenda sono in inglese e quindi ho qualche remora a proporli.

Mi basti dire che la cosa e` stata trattata dalla BBC e anche da stampa femminista, naturalmente.

Fra l´altro e`trapelato un documento interno in cui sono esplicitate nel dettaglio le linee guida. Ad esempio si possono mostrare teste schiacciate o arti,  a condizione che non siano visibili interiora. 

Ma al di la di documenti, piu o meno riservati, che trapelano grazie ai cosiddetti leaks (perdite), Facebook ha fatto sapere che i seni nudi, se non compare anche un bambino che allatta, non sono consentiti dalle sue linee guida e che se una foto con seni nudi viene segnalata, verra´ cancellata.

Questo perche, argomentano dalla squadra di revisori, non e` facile stabilire quando una immagine di nudo non abbia alcun contenuto sessuale. (N.d.Ab. L'abate è stato vittima di una tale censura, su youtube. I seni, naturalmente, non erano i suoi. Da oggi, in via eccezionale, per tre giorni su pic of the week).

Questo tema lo avevo gia´ affrontato nel mio fortunato pezzo Corpi Nudi. Anche nel caso affrontato in quel pezzo, infatti, si era palesato il problema di come le policy di Facebook si appiattissero sul minimo comun denominatore consentito da intolleranze bacchettone di ogni provenienza.

Nel problema era incorsa l´associazione Certi Diritti quando per la campagna di tesseramento aveva inviato gli iscrivendi a pubblicare foto di se stessi nudi.

Uno di loro si era fotografato in un nudo integrale e la foto era stata prontamente censurata. La foto in questione era questa


un esempio di pornografia contemporanea
La legge e la giurisprudenza italiane stabiliscono che la semplice nudita´ non e` un atto osceno.

Altri paesi hanno altre norme, alcuni piu´ restrittive alcuni piu´ liberali.

Cioe´ la legge arriva a riconoscere che fra il nudo a contenuto sessuale e quello no una distinzione esiste.

Facebook questa distinzione non la riconosce.

Come per tutti i moralismi, piu o meno intolleranti, infiniti controcasi sono possibili, ovviamente.

Ma l´interesse di Facebook non e` di essere coerente o equa. E´ di non perdere una fetta di pubblico intollerante e bacchettone.

E siccome a decidere non e` un tribunale ma una azienda privata, la linea e` quella per cui a un nudo nessuna ambivalenza puo´ essere concessa. Un nudo e` pornografia.

Con buona pace di leggi liberali e tribunali.

In occasione della campagna di Certi Diritti, alcuni amici cosiddetti democratici usarono l´argomento per cui la policy di Facebook era nota, perche´ questo pene avrebbe dovuto essere trattato diversamente da altri ? La polemica sarebbe stata strumentale.

Osservavano cioe´ che Facebook era stato coerente con le sue policy e tanto a loro bastava.

Che la legge dello stato avesse un´altro intendimento sul tema a loro non interessava.

"Ve lo avevano detto". Che e` un po´ quel che lo stato cinese dice ai suoi dissidenti.

I miei amici democratici riescono sempre a sorprendermi per la loro sensibilita´ ottusa ai principi e invece affilatissima alle situazioni "di fatto" di praticabilita´ politica.

Incredibile come gente che si etichetta democratica riesca ad essere cosi´ naturale nell´abbracciare una cultura sessuofoba e autoritaria sulla base di formalismi.

Tutti allievi di Henry Kissinger, Massimo D´Alema, tutti realisti.

Sostenere (o almeno parlare di) queste ragazze sarebbe una occasione commovente per chi volesse trovare altre vie di esportare la democrazia.

Invece, nei fatti, i miei amici democratici, a queste manifestazioni affibbiano il carattere di "irrilevanza" (progenitrice della non notiziabilita´ ?).

Io invece mi domando: perché quando il mondo arabo esprime rabbia cieca, aggressione, fondamentalismo fa notizia e quando invece esprime una istanza di modernità, liberale, di dominio del proprio corpo, non fa notizia ?

Queste donne arabe col velo sono così diverse dalle nostre, degli anni 60, con la minigonna o quelle degli anni 70 che dicevano "il corpo è mio e lo gestisco io" ?

Mutatis mutandis, l'istanza non è la stessa ?

E i democratici perché non dicono nulla in merito ? Un giornale, un opinionista, un'amica di Serra, qualcuno ?

Come pensano di dar seguito alla loro tesi per cui dovremmo tentare di far funzionare meglio l'integrazione ?

Non sarebbe questo un controargomento importante per chi dice "le vostre palandrane del cazzo" ?

Non sarebbe questo argomento per combattere la paura qui da noi, in occidente ?

Io credo modestamente che un contributo alla soluzione sia quello della rappresentazione dell'umanità musulmana.

Per aiutare la nostra, di opinione pubblica, ad affrontare la paura e, come risultato, la loro ad affrontare la loro questione. Sarebbe così che si affronta il doppio standard, quello della propaganda democraticista e della pratica sciovinista. O no ?

Per non parlare della sicurezza.

I giovani musulmani qui da noi, che non sono cittadini neppure essendo nati qui, trovano rifugio nel cosiddetto empowerment identitario fornito da posizioni islamiste oltranziste. Spesso capita che i musulmani in occidente sono più retrivi di quelli nei paesi d'origine.

Poi, l'altra minaccia alla sicurezza posta da chi esce anzitempo dal carcere. Le statistiche dicono che chi fruisce di riduzioni di pena non torna a delinquere per lo più. Chi non ne fruisce si.

Eppure per i nostri amici democratici questi argomenti sono "delicati", irrilevanti, strumentali, non notiziabili. 

Donne arabe che si espongono alle ritorsioni, usando la nuova comunicazione di massa, con rivendicazioni simili a quelle femministe, non sono una notizia. Non ci sono elaborazioni da proporre, in merito.

E non lo è neppure il fatto che gli organismi internazionali competenti dichiarino ufficialmente che l'Italia non rispetta i diritti umani. Ad esempio nelle carceri.

Il problema è sempre un altro. Grande prestazione "democratica". Davvero notevole.

Eppure, su questo cliché stucchevole della rabbia musulmana, così funzionale a tesi retrive anche da noi, un accenno di controinformazione c'è stata. Ma non in italiano.

Guardate, ad esempio, queste immagini.

egiziani furiosi
due iracheni furiosi
musulmani iraniani furiosi nella neve
egiziano colmo fino alla cima dei capelli di rabbia musulmana
egiziani si ritrovano per dar sfogo alla loro rabbia musulmana
una ragazza giordana, evidentemente iraconda
irragionevole rabbia musulmana
terrificante immagine di iracheni furibondi ed aggressivi
rabbia musulmana in Iran

rabbia musulmana in Iraq
egiziani irosi che prendono una pausa dalla loro rabbia musulmana
una famiglia egiziana, con la schiuma alla bocca
altro esempio di rabbia musulmana

Anche Avaaz aveva proposto un articolo, che risale ai giorni della "rabbia" per il film blasfemo si Maometto, in cui proponeva questo semplice elenco.

  1. Stime precoci collocano la partecipazione alle proteste anti-film fra lo 0.001 e lo 0.007% del miliardo e mezzo della popolazione del mondo musulmano. – una frazione ridottissima di coloro che hanno marciato per la democrazia nella primavera araba. 
  2. La grande maggioranza dei protestatari è stata pacifica. La violazione di ambasciate stranuiere sono state organizzate o caldeggiate da elementi del movimento salafita, un gruppo fondamentalista preoccupato di minare i gruppi islamici più moderati. 
  3. Alti ufficiali statunitensi e libici sono divisi sull'ipotesi che l'uccisione dell'ambasciatore statunitense in Libia sia stata organizzata o no a coincidere con l'11 settembre e quindi non connessa al film.
  4.  A parte gli attacchi di gruppi fondamentalisti organizzati in Libya e Afghanistan, da una ricognizione delle notizie fino al 20 settembre suggerisce che i protestanti hanno ucciso un totale di 0 persone. Le morti riportate dai giornai sono state in larga parte dovute agli interventi delle polizie 
  5. Praticamente tutti i leader, musulmani e occidentali, hanno condannato il film e tutti i leader, musulmani e occidentali, hanno condannato forme di violenza che avessero dovuto emergere in risposta a quello.
  6. Il Papa ha visitato il Libano al culmine della tesnione e i leader di Hezbiollà hanno assistito al sermone, hanno invitato a rimandare la protesta a quando il Papa se en fosse andato e hanno invocato la tolleranza religiosa. Hezbollà. Si, è successo.
  7. Dopo gli attacchi a Benghazi, gente comune è scesa in strada a Benghazi e Tripoli con cartelli, spesso in inglese, in cui chiedevano scusa per l'accaduto e dicevano che la violenza non rappresentava loro o la loro religione. 

Prima di tirare le fila di questo discorso, devo introdurre l'ultimo argomento, fare l'ultimo passaggio. Dovuto.

Oggi leggo questo articolo che riferisce della confusione sulla data delle elezioni, dell'obbligo di raccogliere firme per potersi candidare.

Ancora oggi, a meno di un mese dal voto, non è chiaro quali saranno i soggetti esonerati dall'obbligo del raccogliere le firme e neanche se il numero di firme sarà dimezzato, visto che il tempo stringe.

Aggiungiamo che secondo il Consiglio d´Europa e la Corte Europea la legge elettorale non si cambia a meno di un anno dal voto perché l´elettore potrebbe avere la sensazione che il potere manipola il processo elettorale e il voto non e` piu´ l´elemento che determina l´esito.

In Italia la legge elettorale si cambia a meno di un anno dal voto abitualmente a partire almeno dal 2005. Quasi tutte le elezioni regioanli e un paio di politiche hanno visto la legge elettorale cambiata meno di una nno prima.

A questa tornata, ad esempio, alcuni partiti non potranno presentarsi perché non potranno raccogliere  le firme, in una cornice in cui la questione viene affrontata col metodo della faida tribale nella incertezza sulle regole più assoluta.

Aggiungiamo che la legge elettorale prevede le tribune politiche sempre, anche non in tempo di elezioni, tribune che non si fanno più da alcuni anni, Dio sa perché.

Aggiungiamo anche che neanche quando la gente è andata in procura a dire "quella firma non l'ho messa io" è accaduto nulla di significativo.

Tutti ai loro posti. Si è parlato di sanità lombarda ma non di elezioni lombarde. Bravi, compagnucci democratici.

Le elezioni italiane non rispettano lo standard democratico occidentale. Come con la durata dei processi e la condizione carceraria.

E poi devo leggere un lettore che scrive a Furio Colombo :

Caro Colombo, secondo te bisogna rischiare di morire per attrarre un briciolo di attenzione su questioni grandi come una casa, come l'illegalità e i carcerati? Come hai capito mi riferisco al digiuno estremo di Marco Pannella.

Michele

La risposta di Colombo la potete leggere da soli.

Io vi propongo quella che ha dato Pannella stesso:
L’Italia è preoccupata se io bevo o non bevo: ma vi rendete conto a cosa ci ha ridotto il regime partitocratico?
E cioé la questione è sempre un'altra: la forma della lotta, in questo caso.

E non i diritti umani, che calpestiamo formalmente, non l'istanza liberale del mondo arabo e non.

Con il concorso attivo dei compagnucci democratici, che discutono della policy di facebook, invece che della sostanza della questione.

Quanto ai compagnucci a sinistra dei democratici, quelli comunisti così, che dicono che la retorica dei diritti civili e della rivendicazione di tipo liberale degli oppressi arabi sarebbe marginale e che l'odiato imperialismo userebbe biecamente questi argomenti in modo strumentale e che la vera liberazione è un'altra, voglio pensare anche a loro.

Qui c'è un esempio di questa corrente di pensiero.

Un passo emblematico:

Grazie al disarmo unilaterale a sinistra – favorito dai provinciali esibizionisti alla Pannella, ansiosi solo di épater le bourgeois - abbiamo avuto in dono quarant’anni neoLib; con il loro carico di crescenti disuguaglianze, di smantellamento degli apparati protettivi contro i rischi della vita, di prevalenza della Forza sui Diritti.
Questo articolo merita probabilmente un post apposito. Contiene alcune perle, vediamo ancora qualche passo

...[Pannella] in quanto francofono, fu spedito a Parigi come corrispondente de Il Giorno diretto da Italo Pietra. Lì venne a contatto con i cinismi del nascente Postmodernismo che avrebbero corroso la tradizione di una Sinistra già di per sé in via di involuzione burocratica, anteponendo ai principi di azione collettiva le fanfaluche dell’individualismo desiderante e i deliri sulle identità che andavano a frammentare la coesione sociale.
Sospetto che i pericolosi individualismi invisi all'autore assomigliassero a quelli dell'autodeterminazione delle donne arabe, ma confesso di non essere frequentatore della congerie culturale cui appartiene l'autore.

Proseguiamo:

...consentirgli affermazioni fraudolente agganciando le proprie giravolte iomaniache alle battaglie di grandi personaggi liberal/liberisti quali Gaetano Salvemini ed Ernesto Rossi. Liberisti? Certo. Ma in un’Italia dove le politiche protezionistiche erano il marchingegno per l’affarismo sotto l’ombrello protettivo dello Stato.Si dà il caso che da quarant’anni l’affarismo ha cambiato strategia: accaparrarsi i beni pubblici banchettando con il patrimonio dello Stato.
Anche qui, confesso di non capire la differenza fra lo statalismo dei tempi di Rossi e Salvemini e quello dell'epoca che ne è seguita, sempre secondo l'autore. Cioé allora gli affaristi erano statalisti e dopo sono diventati liberisti anche loro ? E le partecipazioni statali ?


Ma adesso viene il botto finale

Tutto questo non turba il salveminiano apostata: la colpa sarebbe della sindacatocrazia. Ma per favore! Da tempo le centrali sindacali sono state messe nell’angolo e molta di quella nomenclatura si è riciclata da caporalato. Cioè hanno proseguito sulla strada compromissoria che Ernesto Rossi denunciava su Il Mondo già nel 1953. Contro cui insorgono oggi i metalmeccanici.
Cioé la Fiom di oggi sarebbe erede del pensiero di Ernesto Rossi.

Vabé.

Nell'intanto voglio sottolineare questo post di Fabio Matacchiera, che propone l'intervento alla camera di Elisabetta Zamparutti, radicale nelle fila del PD.




In un post precedente a questo avevo sottolineato come Pannella nel '94 avesse detto che bisognava preparare la riconversione industriale di Taranto e che c'era chi voleva la guerra dei poveri. E come abbia bollato il decreto di questi giorni.

Sospetto che Cataldo Ranieri, che pure la Fiom la conosce, non sarebbe del tutto in sintonia col nostro autore, Pierfranco Pellizzetti.

E siccome il battesimo del Comitato dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti è stato quando hanno cacciato i confederali dal loro palco, per cui ancora oggi il simbolo è l'apecar, credo che almeno alcuni operai tarantini abbiano capito da che parte sarebbe stato Pellizzetti, allora.

Infatti ricordo come, in agosto, gli ortodossi sindacalisti scrivessero che i Liberi e Pensanti non fossero operai veri. "Lucidi e palestrati" scrissero. Lessi i loro tweet. Traditori quanto Pannella.

Di fronte alle istanze liberali (direi) del mondo arabo e a quelle non così ortodosse del mondo operaio, erede delle partecipazioni statali ma anche di Ernesto Rossi, voglio proporre a Pellizzetti e a chi è daccordo con lui qualcosa che li scaldi. Come spero li scaldi il filmato che segue (non è necessario seguirlo tutto, era per dare l'idea)



Anche Marescotti, del quale sappiamo che a volte segue questo blog, in passato ha ripreso il nostro parallelo sulla posizione del presidente Napolitano sull'Ungheria allora e sull'Ilva oggi (ora non ritrovo il post) ma senza citare noi né Pannella.

Del resto Marescotti è uno di quelli che classificano l'esperienza dell'Ilva come liberista.

Creata dallo stato, cogestita dai sindacati, dalla Chiesa, ha drogato il consenso con un fiume di denaro, poi è passata ad un "imprenditore" che ha partecipato ad una operazione elettorale (Alitalia) dell'ex presidente del consiglio... altro che mercato libero. Senza lo Stato non si è mosso un capello.  E tutto quello che si è mosso è sempre stato consociativo.

Non sono stati solo gli intercettati della sinistra tarantina, caro Marescotti.

D'altra parte dobbiamo riconoscere a Marescotti l'impegno nella direzione del ricorso alla giurisdizione e dello stato liberale, nella vicenda Ilva.

Anche Pasolini era diviso fra l'ortodossia marxista e lo stile di vita liberale.

Marescotti sembra essere diviso fra l'ortodossia liberale e lo stile di vita, no so, marxista ? Antagonista ?

Però sarebbe apprezzabile se non chiamasse questa vicenda liberista e se dicesse a chi lo segue, e magari non lo sa, che l'argomento sul diritto calpestato dal presidente Napolitano è di origine liberale (basterebbe questo, anche senza citare Pannella)

A lui voglio dedicare questo brano di The Big Kauna, che mi colpì anni fa quando lo guardai e che ricordo ancora, e mi pare pertinente al frangente




Dal canto nostro, qui a Corporeus Corpora, non siamo ottimisti sul destino di Pannella e delle istanze di cui si è fatto portatore, E nemmeno dei suoi metodi di lotta.

A dire il vero non siamo ottimisti neanche sul destino del mondo occidentale in genere, visto la consapevolezza sui diritti che esprime, da destra e da sinistra.

Tutto quello che riusciamo a fare è celebrare e portare nel cuore i nudisti californiani di cui riferisce questo articolo (qui c'è anche un filmato) e che rappresenta, a nostro avviso, la migliore risposta al democraticismo e l'antagonismo italioti e ai loro corollari.

In un quartiere di San Francisco, città libertaria e new age, patria dell'orgoglio LGBT e patria di Harvey Milk, c'è il costume del nudismo, anche in città, sui marciapiedi, nei negozi.

Recentemente un consigliere comunale ha avanzato la proposta di vietare il nudismo nelle strade, consentirlo solo ai cortei, le parate e gli eventi pubblici.

Con l'intento di rendere la città più frequentabile anche ad un target meno "radicale".

Si è sollevata la protesta. Manifestanti nudi in sit in davanti alla sede del municipio.



«Non tutti possono essere un uomo. Non tutti possono essere una donna. Non tutti possono essere gay, non tutti possono essere etero. Non tutti possono essere cinese o musulmano. Ma tutti possono essere nudi. Questa è la prima decisione che prendi quando ti svegli la mattina: essere nudo oppure no».
Con questa incrollabile convinzione George Davis di San Francisco, 66 anni, si è messo a capo di una protesta nudista (nude-in) davanti alla City Hall della città.

Ma i "Castro's naked guy" non ci stanno (Castro è il famoso "angolo" dei nudisti di San Francisco). Lloyd Fishback, 51 anni, ha detto che indossa sempre giacca e cravatta al suo lavoro come guardia di sicurezza di una casa di cura. Ma per la protesta indossava un cappello Giants, infradito e niente in mezzo. «È un guastafeste - ha detto di Wiener - Mi piace avere un'abbronzatura uniforme. Mi sento liberato». C'erano un paio di donne nude, un signore che ha portato la sua giovane figlia che, vestita, con simboli pro-nudità distribuiva volantini. «I bambini sono l'ultimo tabù - ha detto Davis - Se fossimo stati al Burning Man sarebbe stata anche lei al naturale. Vi assicuro, non è traumatizzata».


Ecco, io credo che alle donne arabe come ai loro compagni arabi LGBT, come ai cittadini liberi e pensanti, come ai militanti come Marescotti, come agli ortodossi come Pellizzetti, quella dei nudisti militanti californiani sia la migliore risposta (in senso figurato).

Soprattutto i Liberi e Pensanti, non si offendano. So che il conflitto che vivono è concreto.

Ma se vorranno capire capiranno.

E se oggi posso concepire questa risposta, è per merito di Marco Pannella.