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sabato 13 ottobre 2012

Di nuovo, avevamo ragione: Nessuna attesa per l'altoforno 5. E stessa sorte avrà l' AIA...

"La procura aveva dato cinque giorni di tempo per avviare lo spegnimento degli altiforni per evitare l'ulteriore emissione di sostanze inquinanti [...] ma inizialmente l'azienda aveva annunciato che avrebbe chiuso l'Afo 5 solo nel 2015, per poi fare dietro front e confermare che si sarebbe adeguata all'ordinanza dei magistrati. Oggi scadeva l'ultimatum della procura."


Così scrive ieri Reuters.
Avevamo quindi fatto previsioni corrette, nel post di tre giorni fa, in cui si ciurla nel manico:

Non vi è alcuna possibilità, nè per via di diritto nè per via tecnica di allungare al 2015 lo spegnimento dell'altiforno chiave, quello numero 5. Come invece sosteneva la proprietà.

All'infedele di Lerner il PM Carbone su ILVA
Allo stesso modo, Corporeus corpora ritiene che l'AIA, autorizzazione integrata ambientale, in qualsivoglia modo possa esser concessa in queste ore, rimane quel che è (le dichiarazioni fondamentali del PM Carbone in merito le troverete in video in fondo alla pagina): cioè un provvedimento amministrativo, già concesso più volte senza le debite cautele. Come gli stessi ministri hanno dichiarato.
Esso norma per il futuro e prescrive un insieme di accorgimenti che ILVA non utilizza, al momento. La sola AIA del 2011 ne prevedeva più di 400 come obbligatori. E questo nelle stesse parole della Prestigiacomo, allora al governo.
E altrettanti ne resterebbero da realizzare oggi, in teoria ancora più restrittivi.
Qualora dovesse soddisfarvi, o avviarsi a soddisfarli secondo i piani decisi, sarà autorizzata. 
Ma nessun cronoprogramma ministeriale potrà sostituirsi ai provvedimenti cautelari della magistratura ionica che, in accordo tra Riesame, GIP, Procura, custodi e periti (come da noi efficamente dimostrato), hanno decretato la necessità di uno stop immediato e completo alle emissioni, poichè fonte di malattia e morte. Non solo di inquinamento. Lo ascolteremo, ufficiosamente ma pubblicamente, dalla stessa procura nel prosieguo del testo.

mercoledì 3 ottobre 2012

Mentre il governo gioca alle tre carte e gli operai si feriscono, a Taranto la borghesia pare risvegliarsi...

In questi minuti giunge la notizia in città che un operaio dell’Ilva, Giuseppe Raho, di 34 anni, ha subito ustioni di primo grado in seguito allo scoppio delle scorie incandescenti di un contenitore denominato “paiola”, all’interno del reparto Grf (Gestione recupero ferro), uno di quelli sottoposti a sequestro dalla magistratura. Fatti ahimè consueti da tanto tempo a questa parte. Altri vi daranno meglio conto della cosa, noi abbiamo da raccontarvi altro, per una volta immaginando una qualche speranza reale di cambiamento. 

 

Nel consueto clima emergenziale che contraddistingue ogni barlume di cambiamento, in questo paese ammalato di status quo, il Senato vara oggi il famoso decreto ILVA, che con l'ILVA ha poco ha che vedere.

La Londra del grande Hogarth è più vicina di quanto si pensi
Le risorse sono concentrate sul porto, su alcune infrastrutture e la bonifica (ma io la chiamerei riqualificazione) delle zone più martoriate da 50 anni di produzione selvaggia, oggi veri e propri slums, quasi al livello delle scene predilette da Hogarth alla fine del 1700. 
Scrive ANSA che 
119 milioni vanno alle bonifiche, 187 milioni per interventi portuali, e 30 milioni per il rilancio industriale per investimenti produttivi caratterizzati da un elevato livello tecnologico
Certo ciò non è un male, poichè contribuisce a migliorare uno stato di cose insopportabile, andando in qualche modo incontro alle necessità di diversificazione economica di un territorio schiacciato e ricattato dalla monocultura dell'acciaio. Settore oggi in grave crisi, di cui già parlammo e vi daremo prossimamente ulteriori riprove. 
Ma non affronta minimamente la tematica sul campo, ovvero la pericolosità degli stabilimenti nel loro esercizio quotidiano. In più riutilizza fondi già stanziati nei mesi precedenti e poco ci rassicura la prossemica del ministro Passera, già da noi stigmatizzata, che parlò della cosa proprio qui in città, più di un mese fa.
L'infedele ai Tamburi, LA 7 (foto Corporeuscorpora)
La vicenda è in mano alla magistratura, che due giorni fa ha confermato la direzione presa, nella persona del dottor Carboni in diretta all'Infedele di Gad Lerner : ovvero l'interruzione preventiva della produzione in attesa delle bonifiche, qualora qualcuno volesse davvero porle in essere. Nonchè l'intenzione di mantenere salda la rotta anche in costanza di un AIA che disattendesse le necessità evidenziate da procura e GIP, poste a fondamento del sequestro operato e della difesa della vita umana, minacciata secondo le perizie dai fumi dell'acciaieria. Aggiungo che le dichiarazioni rese nella trasmissione dal dottore Ferrante, alcune delle quali sconfessate in diretta dagli stessi lavoratori ILVA (il caso degli alimentari regalati dall'azienda agli scioperanti), la dicono lunga sulla distanza fra le posizioni dell'azienda (nonchè del ministero dell'ambiente) e quelle di procura e larghissima parte della cittadinanza. Proprio quel momento è mostrato dalla foto qui postata, con Ferrante in video. Essa ci evidenzia pure l'assenza totale sul palco della politica regionale e provinciale. Solo uno sperduto e svillaneggiato Ippazio Stefano ha avuto quantomeno il coraggio di esserci (di profilo con i baffi, al centro della foto di bassa qualità).

Questo detto, c'è in positivo da registrare il risveglio da un sonno cinquantennale di quella parte di Taranto sempre più che sorda alle esigenze della comunità e di chi pativa maggiormente, poichè lavoratore o residente nei quartieri popolari (Tamburi, Croce, Paolo VI, Città Vecchia), le conseguenze dell'inquinamento e del potere contrattuale made in ILVA.