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lunedì 26 novembre 2012

Riva in fuga? Sequestri, arresti, indagini in una città che brucia

Diverse fonti attendibili parlano di irreperibilità di Fabio Riva. Una brevissima survey dei nuovi provvedimenti della magistratura, mentre impazza la cassa integrazione in azienda e Taranto brucia. 

Video in coda al pezzo.


Riprendiamo l'attività di Corporeus Corpora ripartendo da un argomento che per ragioni geografiche (ma non solo) ci tocca da assai vicino.
Non ci stanchiamo di ripetere che le vicende processuali hanno da tempo segnato il destino dello stabilimento, a sua volta determinato da una cinquantennale illegalità, devastanti gap tecnologici e forse ancor di più dall'incombente crisi dell'acciaio, mondiale ed europea. Come pure abbiamo da sempre sostenuto,  con dovizia di argomenti.
Di cui è testimonianza la richiesta di cassa integrazione, sinora infruttuosa, compiuta dalla dirigenza ILVA nei giorni scorsi e motivata esplicitamente dalla fine delle commesse per le aree a freddo, più ancora che dal sequestro in corso. Testuali parole del gruppo Riva:
a causa del perdurare della crisi di mercato già registrata a partire dal primo trimestre dell’anno corrente, fronteggiata sino ad oggi attraverso il ricorso alle ferie e la ricollocazione degli esuberi in altre aree dello stabilimento
Per sommicapi le novità presentate dalla procura ed autorizzate dal GIP Todisco sono l'ipotesi di associazione a delinquere, avvisi di garanzia per inadempimento delle misure imposte dal tribunale nei confronti del presidente Ferrante e del direttore Buffo, dei quali abbiamo lungamente trattato in precedenza, l'arresto di politici ed ingegneri per concussione (che novità) ma soprattutto, a nostro parere, l'apposizione dei sigilli su quanto prodotto nei mesi addietro in pendenza di sequestro, rivolto appunto all'eliminazione delle fonti di reato e non alla produzione. Così ne parla la Gazzetta del mezzogiorno online:

Contestualmente agli arresti, nel siderurgico è stato eseguito un sequestro preventivo dei prodotti finiti e semilavorati destinati alla vendita e al trasferimento negli altri stabilimenti del gruppo Riva. Di fatto un blocco dell'attività nella fabbrica da dodicimila posti di lavoro. Sigilli apposti a tutto il prodotto finito sulle banchine del porto di Taranto utilizzate dall'Ilva, in questo modo la merce non potrà essere commercializzata. La misura sarebbe stata adottata perché Ilva avrebbe violato le prescrizioni del sequestro adottato dall'Autorità Giudiziaria, nel luglio scorso, sugli impianti dell'area a caldo. Sequestro che non prevede la facoltà d'uso a fini produttivi degli impianti del siderurgico.
A questo punto non si intravede alcuna possibilità di prosecuzione dell'attività siderurgica, AIA o non AIA, che pure in questi mesi ha tenuto bordone e destato interesse e dibattiti. Ma non da noi. Che già da tempo avevamo dichiarato "chiusa" la pratica. Sia Vendola o non Vendola a gestire le elemosine di Stato destinate alla "bonifica" dei quartieri peggio messi, è cosa di interesse locale e di scarso momento, considerate le figure in campo, le loro precedenti, note ed azzardate gestioni del problema ambientale ed urbanistico in questione. Dalle collinette alle fontanelle, dai presidenti delle province ai sindaci.
Molto più interessante ai fini di plausibili sviluppi, soprattutto per ciò che riguarda le aspettative del territorio di trovare giustizia e risarcimento materiale, per quanto possibile, dell'enorme danno ambientale e sanitario (cosa che Corporeus corpora vorrebbe tanto sperare esser possibile... ma su cui non scommetterebbe un centesimo... e non per tirchieria...), è il detto/non detto riguardo all'irreperibilità del più giovane dei Riva, Fabio.