venerdì 14 dicembre 2012

Don Giorgio de Capitani: il neo patarino che ci spiega la politica di questi giorni...

Il cavaliere nella visione infera di Don Giorgio ...

"Il Vaticano, un grande puttanaio"

 

Don Giorgio de Capitani, dal suo pulpito mediatico, ripristina i fasti della violenta predica "medioevale", degna di un seguace dolciniano, di un gioachimita in attesa delle nuove ere... di un Pietro l'eremita, di un fra' Salimbene.

Ancor meglio, egli è discendente diretto di Arnaldo da Brescia, per corregionalità e bellicosa sensibilità patarina: come lui sputtana tutto e tutti, Chiesa e Cardinali inclusi. 

Ma soprattutto Silvio "porco di Arcore" Berlusconi... (tutti i video in coda)



In quei "minuti rubati" ce n'è per il Papa, che tiene bordone all'"immondo"; per tutto il Vaticano, "un gran puttanaio"; per il Cardinale Scola, suo vescovo, che scrive discorsi dei quali nemmeno Don Giorgio "capisce una mazza", figuriamoci gli ascoltatori laici; per la famigerata CL, "Comunione e liberazione", di cui questo scrive (e "La Repubblica" pubblica ...):

vorrei che nessuno si accorgesse di Scola ciellino,
ma sarà difficile, molto difficile:

Cl è come un marchio che segna,
pone un sigillo sulla testa,
lascia impronte indistruttibili nel proprio agire.

E poi tutta la politica italiana.
Per Renzi, che perde la normalità e si "sopravvaluta", da uomo "senza carisma" quale è. Come per Bersani, che nemmeno mette conto nominare.
Per Grillo, "il petomane", che è impazzito per il potere e tradisce la sua qualità di comico, come la Lega tradì il suo popolo, corrotta dal denaro e dalle cariche.
Ma sopra tutti detestabile è il nemico pubblico numero uno, l'uomo diabolico che trasforma "in merda" tutto quel che tocca, persino il Cielo. Lui, il cavaliere, alle battute del quale ridono solo le baldracche, servito da un Maurizio Lupi, ciellino e cattolico, immondo anch'esso. 
L'astuto "coso" che parla un linguaggio suadente, che la Chiesa non è più in grado di affrontare, secondo il ferace parroco di Rovagnate (Lecco). Il "tutto rifatto" che solo Dio saprebbe come eliminare. E che solo per sua immensa bontà, nonostante le fervide preci di Don Giorgo, non distrugge.


I toni, le invettive, le volgarità sono proprio quelle che le cronache medioevali riportano, proferiti da certi predicatori popolari, ai confini tra l'eresia e la politica, dai pulpiti di mezza Europa durante i secoli bui...
Che ci piaccia o meno, o ci faccia piuttosto sorridere o meno, forse anche riflettere (a Corporeus corpora propendiamo per queste due possibilità, inclusa una pizzicata di sclerotizzazione), il loro ascendente sui "fedeli", sui parrocchiani, è sempre stato alto.

Evviva il 2012 che ci regala queste finestre viventi su di un mondo che ritenevamo scomparso, ma che invece è assai più vivo di quel che noi "intellettualoidi", come ci stigmatizza il Don, immaginiamo.
Dante, probabilmente, è ancora così attuale in Italia non solo per sua, certa, immensità... ma anche perchè è l'Italia a non esser andata poi troppo lontana, in quasi mille anni.

Buona (si fa per dire) visione:








per ascoltare la prolusione dedicata a Grillo cliccate QUI

Dulcis in fundo, la più recente invettiva contro "L'orrendum", che in questi giorni riscende in campo, con supremo orrore del parroco:





4 commenti:

  1. Don Giorgio su ILVA:

    Liberare Taranto dai veleni!
    2 ottobre 2012 at 17:49

    di don Giorgio De Capitani

    Lunedì sera, 1 ottobre, Gad Lerner ha trasferito la sede del suo programma “L’Infedele” in piazza Gesù Divin Lavoratore, nel cuore del rione Tamburi dominato dalle ciminiere dell’Ilva di Taranto. Sul palco c’erano i dirigenti sindacali che hanno guidato la protesta, il sindaco di Taranto, gli animatori del Comitato cittadini “Liberi e pensanti“, il segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati, Maurizio Carbone; l’economista Gianfranco Viesti, e sulla piazza tanta, tantissima gente.

    Il tema era scottante: come conciliare il diritto alla salute e la salvaguardia dell’ambiente con il diritto al lavoro? Prima la salute o prima il lavoro?

    Nessuno vorrebbe parlare di prima e di dopo: tutti parlano di diritti inalienabili e da conciliare tra loro. Ma come conciliarli? Qui sta il punto. Bisogna essere realisti, e non i soliti scaltri equilibristi in favore di principi difesi come tali, ovvero come principi.

    Dunque, in concreto, prima la salute o prima il lavoro? Non giriamoci attorno a parole ad effetto mediatico. Gli stessi operai, ora, solo ora, cercano di salvarsi la faccia, parlando del diritto anche della salute e dell’ambiente, ma hanno la testa confusa, non sanno più che pesci pigliare, anche perché – siamo onesti nel riconoscerlo – stanno vedendo che c’è un grande movimento di gente sempre più decisa a salvare la città dai veleni dell’Ilva.

    Domanda: se questa città che si sta ribellando non si fosse imposta con caparbietà, gli operai e la ditta cosa avrebbero fatto per non far chiudere la loro fabbrica? Anche i cittadini ora si sono mossi spinti dalla rabbia, perché hanno aperto gli occhi, ma, come al solito, troppo tardi, il merito però di aver fatto prendere coscienza del vero problema che è la salute va riconosciuto a poche persone, che in questi anni hanno lottato, contro tutti e contro tutto, anche contro l’indifferenza di una città che non si sarebbe svegliata se il Gip di Taranto non avesse imposto il sequestro degli impianti. Una situazione diventata ormai insopportabile, per colpa anche di sindacati conniventi, di operai omertosi.

    Mi aspettavo che qualcuno, lunedì sera, ricordasse la tragedia dell’amianto di Casale Monferrato. Stessa vicenda che ha prodotto e sta ancora producendo migliaia di morti. A Casale si è arrivati troppo tardi, qui a Taranto si è ancora in tempo a fermare i morti. Anche a Casale la responsabilità è stata non solo della dirigenza aziendale, ma anche dei sindacati e degli stessi operai, che sapevano e tacevano, per poi – e questo mi ha fatto arrabbiare! – costituirsi parte civile contro la Ditta per chiedere il risarcimento dei danni.

    Ma questi operai quando capiranno la lezione?

    E non mi devono dire che loro sono liberi di scegliere di lavorare anche in una fabbrica di morte. No, voi non siete liberi, se quella fabbrica in cui lavorate produce veleni a danno di un’intera comunità. In tal caso, anche voi sareste dei criminali!

    Non tocca a me proporre una via d’uscita. Ci sarà, senz’altro.

    Bisogna avere la lungimiranza di vederla, e il coraggio di intraprenderla. Ma nel frattempo bisogna creare una tale rottura da mettere chi di dovere nella costrizione di scegliere il bene comune.

    Basta con le promesse. Basta con le belle parole di comodo. Basta con le politiche di compromesso. C’è di mezzo la vita. Il lavoro è al servizio della vita, e non viceversa. Il profitto è al servizio della dignità umana, e non viceversa.

    La politica finora, i sindacati stessi non hanno ancora capito qual è la gerarchia: prima la salute o prima il lavoro?

    Non ho pietà per la perdita di un posto di lavoro. Ho pietà per quanti la stanno pagando per colpa di fabbriche tenute in vita per dare morte all’Umanità. Con il sostegno di una politica responsabilmente assente, di un mercato folle, con la connivenza di sindacati e di operai, e con l’indifferenza degli onesti.

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  2. Vabe´, ho rotto gli argini ;-)

    Magari un po´ di pieta´ a chi teme di perdere il lavoro la possiamo concedere.

    Poi, guardi, Umanita´ scritta con la U maiuscola non mi convince, abbia pazienza ;-)

    Io mi accontento di un invito alla riflessione

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  3. CatoGraham non ci posso credere! :-)
    Un pò di pietà a chi teme di perdere il lavoro la possiamo concedere....
    E' proprio Natale .... :-)))

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    Risposte
    1. Un Natale surreale, in cui un radicale, figlio del Demonio, si rabbonisce di fronte alla "cattiveria" di un parroco, figlio di Dio...
      Ma nemmeno nelle commedie di Neil Simon...

      :))))

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